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Il Polittico dell’Annunciazione di Giovanni Mazone presso Santa Maria di Castello

di Lorenzo Bisio, storico dell’arte

La cappella dell’Annunziata, costruita verso la metà del XV secolo, era posta in origine all’inizio della navata destra e nel 1517 fu concessa in patronato alla famiglia Moneglia dell’albergo dei Giustiniani.

L’attuale collocazione sulla parete sinistra della cappella di San Tommaso d’Aquino dei principali arredi risale al 1847 a seguito della soppressione della cappella dell’Annunziata.

Al di sotto del baldacchino marmoreo quattrocentesco della bottega dei Gagini troviamo il polittico dell’Annunciazione realizzato attorno il 1469 da Giovanni Mazone.

Chi era Giovanni Mazone? Parliamo un poco di lui: non conosciamo la data esatta della sua nascita ma lo troviamo citato in alcuni documenti del 1453, anno nel quale il padre Giacomo lo emancipò dalla patria potestà.

I Mazone erano una famiglia di pittori originari di Alessandria molto attiva a Genova, ove si trasferirono all’inizio del XV secolo.

Una famiglia di pittori, una bottega quindi di cultura lombarda, i pittori lombardi già dal secolo precedente lavorano e si stanziano in Liguria portandosi dietro la loro cultura figurativa.

Guirardo Mazone, nonno del nostro, è citato a Genova in un atto del 1414 come “de Alexandria pictor” e il padre Giacomo, attivo sia a Genova che a Savona, viene citato in più atti a partire dal 1434.

Giovanni Mazone fu il più importante esponente di questa famiglia raggiungendo un ruolo di assoluto rilievo nell’ambiente culturale ligure quattrocentesco.

La critica gli attribuisce l’esecuzione di alcune immagini raffiguranti i Ss. Tommaso d’Aquino, Vincenzo Ferrer e Pietro Martire sulla volta dell’antiloggia del secondo chiostro del complesso conventuale di Santa Maria di Castello a Genova, assieme ad ulteriori scene con San Pietro Martire e San Domenico che invita al Silenzio posti sopra i portali di accesso della loggia.

Ma torniamo al polittico: la sua esecuzione risale attorno alla fine dell’anno 1469, commissionata al nostro da Giacomo Marchione per una cifra del valore di 300 lire.

Per ottenere il saldo dell’opera dal committente, siccome ottenne in anticipo 140 lire e il pagamento tardava, inviò una supplica al duca di Milano affinché intervenisse in suo favore.

Eseguita ad olio su di una tavola di 2 metri e 75 per 2 metri e 68, l’autore divise la tavola in tre piani: la predella, suddivisa in quattro parti dalla cornice intagliata e dorata, sormontata da tre lesene che sostengono i tre scomparti sommitali coronati da baldacchini sporgenti.

La cornice dell’opera venne eseguita dall’autore che intendeva chiaramente riprendere gli elementi di matrice gotica del baldacchino marmoreo in una soluzione di continuità stilistica.

Una curiosità al riguardo: il fatto che Giovanni Mazone realizzasse da sé le cornici lo portò nel 1487 a dover risolvere una controversia sollevata contro di lui dai maestri d’ascia, poiché erano contrari al fatto che eseguisse da sé lavori ad intaglio per rifinire le sue opere non facendo parte della loro corporazione; cosa che alla fine si risolse in favore del nostro.

Nel pannello centrale del polittico vi è raffigurata l’Annunciazione: l’arcangelo Gabriele lo vediamo inginocchiato dinnanzi alla Vergine mentre compie un misterioso cenno di saluto, è rivestito da una lunga tunica di broccato d’oro con ornamenti rossastri, mentre la Madonna ha indosso una veste di simile foggia ed ha fermato sul petto un ricco manto azzurro contorniato da un largo fregio d’oro che scende fino in terra.

Nella predella sono visibili a partire da sinistra quattro episodi della vita di Maria: lo Sposalizio della Vergine assieme alla Visitazione, l’Adorazione dei Magi, la Fuga in Egitto e la Circoncisione di Gesù.

Già nella predella possiamo vedere, come ne resto dell’opera, la minuziosa cura ed attenzione per i dettagli che l’autore pone per ogni scena.

Molto studiati dall’artista sono stati poi gli accessori: l’inginocchiatoio su cui posa la Vergine, rifinito da un ricco intarsio ed i cui sportelli semiaperti lasciano intravedere al suo interno codici, pergamene, ed altri utensili.

Per non parlare della fontana sullo sfondo, innovativo elemento romanico; il maestoso loggiato sorretto da pilastri intagliati tipici dell’architettura delle case quattrocentesche.

In lontananza poi si possono notare le mura di Nazaret e le colline già in stagione primaverile che fungono da sfondo anche agli scomparti laterali entro i quali il loggiato prosegue.

In questi sono raffigurati a destra i santi Domenico e Sebastiano, a sinistra i santi Giovanni Battista e Giacomo al di sopra dei quali si trova la cuspide contente tre riquadri minori raffiguranti il Calvario e i santi Giovanni Evangelista e Rocco.

Degna di nota è inoltre la perfetta prospettiva geometrica sviluppata dal soffitto e dal pavimento in tutti e tre gli scomparti, assieme agli sfondati paesistici ricchi di pregevoli dettagli.

Lo stile figurativo dell’opera, è d’impronta fondamentalmente lombarda, data la formazione del nostro.

Tuttavia presenta suggestioni riconducibili al lusso mistico-araldico dei catalani come si può notare dalla sfarzosa veste dell’arcangelo Gabriele, dalla pavimentazione con “azulejos”, nelle incorniciature a baldacchini traforati e negli archetti della predella.

Per concludere voglio offrirvi ancora una curiosità come spunto per andare ad osservare con occhio critico altre opere conservate presso questa chiesa: sempre nel 1469, mesi prima dell’esecuzione del, polittico Mazone stipulò col pittore Galeotto Nebbia di Castellazzo un compromesso per alcuni dissidi che erano nati in seguito alla loro collaborazione.

Da questi documenti emerge, infatti, come quest’ultimo assieme al pittore Nicolò Corso abbiano lavorato per Giovanni Mazone ad Alessandria già a partire dal 1483/4 realizzando alcune “Maestà”, o come riportato sulle fonti “in certis maestatibus”.

Analisi di alcune opere del Mazone pare confermino tutto ciò e si è arrivati ad ipotizzare, in base anche a confronti stilistici con opere di Nicolò Corso, come quest’ultimo abbia realizzato i fondali paesaggistici in molte opere cronologicamente affini e attribuite al Mazone.

Bibliografia

GILARDI C., BADANO S., “Genova. Santa Maria di Castello”, SAGEP editori, Genova 2014

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