La Chiesa

L’attuale edificio di Santa Maria di Castello è la basilica romanica a tre navate con transetto e tre absidi edificata nel primo quarto del XII secolo ad opera di maestranze antelamiche. L’aspetto primitivo della chiesa è stato in parte alterato dalle ristrutturazioni dei secoli XV e XVI.

Il prospetto, tripartito da lesene e coronato da archetti pensili, ha il suo unico elemento decorativo nel portale centrale che utilizza come architrave una cornice romana del III secolo d. C. con foglie e grifi.

Le navate, già coperte a capriate lignee, furono voltate intorno al 1468 con crociere a costoloni, di sezione semicircolare per quella centrale e di sezione quadrata per le laterali. Dieci colonne e quindici capitelli sono di reimpiego e risalgono al III secolo d. C.

Il transetto si presenta ancora con le volte originali poggiate su pilastri. Alla seconda metà del XV secolo è databile la costruzione delle cinque cappelle della navata sinistra, mentre le cinque di destra risalgono al XVI secolo. Il pavimento della chiesa fu abbassato al livello attuale alla fine del XVI secolo. Sul braccio sinistro del transetto si inserisce il campanile romanico.

Le absidi laterali hanno subito interventi tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo ed hanno perso sia all’interno che all’esterno il loro carattere primitivo. Quella centrale, ingrandita e prolungata in due riprese, è stata adattata a contenere un grande coro.

La sua copertura e la cupola, nella veduta dall’alto della torre Embriaci o dai palazzi soprastanti, danno oggi a SantaMaria di Castello un aspetto illusorio di chiesa cinquecentesca.

I Magistri Antelami

Giunti a Genova verso la fine dell’XI seolo dalla valle d’Intelvi e dalla zona comasca, furono i primi importatori in città del linguaggio architettonico romanico e si configurarono come una corporazione di costruttori e lapicidi: grazie anche a particolari privilegi, riuscirono a monopolizzare l’architettura urbanistica e a realizzare importanti monumenti, tra cui le porte cittadine e il complesso di San Giovanni di Prè.

A Santa Maria di Castello è eccezionale la loro capacità di utilizzare materiale romano di reimpiego.

L’interno

Il restauro degli anni 2005-2007 ha permesso di ritrovare in controfacciata il portale romanico interno della chiesa, occultato dalla sovrapposizione del portale quattrocentesco della sacrestia opportunamente ampliato con l’aggiunta di conci ottocenteschi.

A sinistra del portale Madonna col Bambino tra i santi Domenico che presenta il beato Raimondo da Capua e Pietro Martire, attribuito a Lorenzo Fasolo (1463-ante 1518), affresco staccato proveniente dal distrutto convento di San Domenico, come la nicchia settecentesca a destra del portale che contiene il Crocifisso ligneo detto della Provvidenza, databile al XV secolo. Sopra l’affresco è collocata una chiave di volta quattrocentesca in cui è raffigurata la Risurrezione di Cristo.

Sopra le bussole settecentesche delle porte laterali sono state ricollocate due tele di Francesco Sigismondo Boccaccino (1660-1750): a sinistra il Crocifisso parla a san Pietro Martire, a destra San Pietro Martire riattacca il piede tagliato ad un giovane.

Sulla parete destra della chiesa è stato rimontato il portale quattrocentesco d’accesso alla sacrestia qui trasferito dalla controfacciata eliminando le aggiunte ottocentesche; in alto sopra il portale, la Natività, attribuita a un pittoredi ambito caravaggesco.

Sul fianco destro della chiesa si incontrano cinque cappelle.

La prima nel 1716 fu dedicata a san Pio V: all’altare la tela raffigurante il Crocifisso che si sottrae al bacio di san PioV è opera di Alessandro Gherardini (1655-1723); sul fastigio l’ovale con la Maddalena è di Giuseppe Palmieri (1677 circa -1740).

Nella seconda cappella è stato collocato il Martiriodi san Biagio di Aurelio Lomi (1556-1622).

La terza cappella, edificata nel 1524 e dedicata a sant’Antonino, domenicano, arcivescovo di Firenze, conserva l’originario assetto cinquecentesco. Nella volta affreschi con Dio Padre benedicente tra motivi decorativi realizzati nel terzo decennio del Cinquecento; nella parte superiore delle pareti due Scene della vita del re Davide, di impostazione più arcaica; sulla sinistra, epigrafe marmorea che ricorda la fondazione della cappella. Un rivestimento di “laggioni”, piastrelle in ceramica con motivi sivigliani, di produzione forse ligure, conclude la zona inferiore delle pareti: sulla sinistra è raffigurato san Giovanni Battista, sulla destra san Giorgio e il drago. Del pavese Pietro Francesco Sacchi (1485-1528) è la Madonna Odigitria con i santi GiovanniBattista, Antonino da Firenze e Nicola da Tolentino, firmata e datata 1526, incastonata in una carpenteria lignea di impronta toscana e sorretta da una predella dipinta dallo stesso Sacchi con il Compianto di Cristo e Santi. Il recente restauro ha restituito il brillante colorito della pala e della carpenteria prima occultato sotto uno strato di sporcizia, come pure il restauro degli apparati marmorei ha permesso di scoprirne la decorazione a vivaci colori.

La quarta cappella è dedicata a san Pietro da Verona e ospita la pala raffigurante il Martirio del Santo, opera di Bernardo Castello, firmata e datata 1597.

Nella quinta cappella è collocata l’Assunzionedi Maria di Aurelio Lomi (1601).

Nel transetto destro si trova il monumento funebre di Demetrio Canevari, medico e bibliofilo, eseguito da Tommaso Orsolino (1591?-1675) tra il 1626 e il 1628.

La cappella di testa della navata destra fu rinnovata nelle attuali forme negli anni 1601-1604 e dedicata ai santi Domenico e Giacinto: sulle pareti laterali i monumenti funebri dei coniugi Benedetto Giordano e Laura Della Chiesa, opera di Battista Casella; sulla volta gli affreschi di Bernardo Castello con il Padre Eterno e due episodi della vita di san Giacinto e sull’altare la tela di Aurelio Lomi raffigurante San Giacinto riceve l’abito dell’Ordine dalle mani di san Domenico alla presenza dell’arcivescovo di Cracovia, suo zio.

La cappella maggiore fu ampliata nelle forme attuali negli ultimi decenni del XVI secolo: di quest’epoca sono gli stalli lignei del coro e i monumenti funebri di Luca e Mariettina Giustiniani a sinistra e di Alessandro Giustiniani e Lelia DeFranchi a destra.

L’altar maggiore, rifatto dopo il bombardamento di Genova del 1684, è coronato dall’Assunta, gruppo marmoreo di Anton Domenico Parodi (1644-1703).

Negli anni Settanta del XVII secolo la cappella di testa della navata sinistra fu dedicata a santa Rosa da Lima, raffigurata nella pala d’altare di Domenico Piola (1627-1703) in venerazione della Madonna col Bambino; gli affreschi della volta, che rappresentano il Battesimo di Cristo circondato da quattro cartelle con santi domenicani, databili alla fine del XVI secolo, furono pesantemente ridipinti nell’Ottocento; sotto la mensa, statua giacente del beato Giacomo da Varazze, le cui reliquie furono conservate qui per circa un secolo.

In un altare in marmi policromi della prima metà del Seicento posto nel transetto sinistro è incastonata la tela di Gio.Benedetto Castiglione detto il Grechetto (1609-1664) raffigurante il Miracolo di Soriano: nel 1530 in questa località calabrese, dove era stato da poco fondato un convento, la Madonna e le sante Maria Maddalena e Caterina d’Alessandria sarebbero apparse nel 1530 ad un converso domenicano consegnandogli un’immagine di san Domenico, di cui il nuovo convento era ancora privo. In alto sulla parete sinistra, la grande tela dipinta per la controfacciata da Francesco Sigismondo Boccaccino (1660-1750) raffigurante il Miracolo dei pani.

Nella zona di accesso alla cappella del Crocifisso sono collocati i monumenti funebri di due domenicani arcivescovi di Genova, entrambi sepolti a Santa Maria di Castello: a sinistra il monumento funebre dell’arcivescovo: quello di Giulio Vincenzo Gentile scolpito da Filippo Parodi (1630-1702), a destra quello di Nicolò Maria De Franchi opera di Pasquale Bocciardo (1705 circa – 1790 / 1791); sull’arco di accesso alla cappella la Pietà, affresco di Gregorio De Ferrari (1647-1726).

Sull’altare della cappella, copia nell’aspetto assunto in epoca barocca del Cristo Moro venerato crocifisso ligneo medievale attualmente collocato presso il nuovo altar maggiore (realizzato nel 1985 su progetto di Cesare Fera).

Ottocenteschi gli affreschi di Antonio Varni (1840-1908), i rivestimenti in marmo e maiolica, i medaglioni della ViaCrucis e i quattro monumenti funebri di personaggi della famiglia Brignole e Brignole-Sale. L’altare e il tabernacolo marmorei sono stati eseguiti negli anni Sessanta del XX secolo su disegno di Cesare Fera.

A differenza di quanto è avvenuto nella navata destra, in cui a causa della presenza del chiostro gli altari sono stati addossati al muro, la parete della navata sinistra è stata sfondata nella seconda metà del XV secolo per la costruzione di cinque cappelle.

La quinta cappella è dedicata alla Madonna del Rosario: la statua lignea nella nicchia sopra l’altare è attribuibile a Pasquale Navone (1746-1791); la decorazione a stucco, gli affreschi di Giacomo Ulisse Borzino e i medaglioni attorno agli archi con i misteri del Rosario di Marco Cesare Danielli sono degli anni 1843-1845. Sulle pareti laterali due medaglioni affrescati con la Presentazione di Gesù al tempio e La disputa di Gesù con i dottori sono opera di Giovan Battista Carlone (1603-post 1676).

Le quattro tele raffigurano a destra lo Sposalizio della Vergine di Domenico Piola e la Natività di Maria di ignoto genovese (Giovanni Battista Baiardo?), a sinistra la Fuga in Egitto e la Presentazione di Maria al tempio, entrambi attribuiti a Luciano Borzone (1590-1645).

Nel 1797 la quarta cappella fu dedicata al beato Sebastano Maggi da Brescia, domenicano morto nel 1497 in fama di santità nel convento di Santa Maria di Castello: la tela di Francesco Zignago raffigura infatti l’arrivo del Beato davanti alla chiesa. Nel terzo centenario della morte del Beato stesso sotto la mensa dell’altare furono traslate le sue spoglie mortali.

Gli affreschi delle lunette laterali e della volta, raffiguranti episodi della devozione al Beato, sono attribuiti a Gio. BattistaCorradi (XIX secolo). Le quattro tavole dipinte su ardesia raffiguranti la Visitazione, l’Adorazione dei pastori, la Presentazione al tempio e la Disputa di Gesù con i dottori sono di Andrea Semino (1525?-1594).

Nella terza cappella è collocata la tela di DomenicoPiola (1627-1703) raffigurante San Tommaso d’Aquino in adorazione del Santissimo Sacramento compone l’ufficio del Corpus Domini.

Sulla sinistra, sotto il baldacchino marmoreo quattrocentesco è collocato il polittico dell’Annunciazione eseguito entro il 1469 da Giovanni Mazone (notizie dal 1453, morto fra il 1510 e il 1512): incastonato in una carpenteria lignea indorata, è composto dalla tavola centrale circondata da due scomparti, con i santi Giacomo e Giovanni Battista l’uno, con i santi Domenico e Sebastiano l’altro, da un registro superiore con il Calvario tra i santi Giovanni Evangelista e Rocco e da una predella in cui sono rappresentati lo Sposalizio della Vergine e la Visitazione, la Natività e l’Adorazione dei Magi, la Fuga in Egitto e la Presentazione di Gesù al tempio.

La seconda cappella è dedicata a san Vincenzo Ferrer.La pala d’altare di Giovanni Battista Paggi (1554-1627) raffigura la Guarigione di san Vincenzo; a destra Predica di san Vincenzo fanciullo attribuito a Luciano Borzone(1590-1645) e a sinistra La regina d’Aragona assiste all’estasi di san Vincenzo di Andrea Ansaldo (1584-1638), che ha dipinto anche gli affreschi delle lunette; la decorazione della cupola e delle le vele è di Giovanni Carlone (1584-1630).

La prima cappella è dedicata a santa Caterina da Siena e fu adibita a battistero nel 1874 utilizzando un sarcofago databile tra la fine del III e l’inizio del IV secolo d. C. Del “Maestro degli occhi bassi” è lo scomparto centrale del polittico con lo Sposalizio mistico di santa Caterina d’Alessandria e santa Caterina da Siena tra i santi Stefano, Lorenzo, Domenico e Pietro Martire (1480 circa), per le restanti parti opera di altri due pittori. Gli affreschi con storie di santa Caterina rivelano rapporti con la prima attività di Nicolò Corso (1446-1513) e sono databili tra il 1474 e la metà degli anni Ottanta del XV secolo.

Didascalie e bibliografia

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  • C. Gilardi, Le programme décoratif d’un couvent de l’Observance dominicane de lombardie: Santa Maria di Castello à Gênes, 1442-1526, in Les dominicains et l’image. De la Provence à Gênes XIIIe-XVIIIe siècles, Serre Editeur, Nice 2006, pp. 83-103.
  • Immagini del museoLudovico Brea, Pala di Ognissanti, 1513